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Livre

Vico Giambattista

De rebus gestis Antonj Caraphaei Libri Quatuor Excellentissimo Domino Hadriano Caraphaeo Trajectinorum Duci Foroliviensium Dom. XIII. S. R. I. Comiti Hispn. Magnati Amplissimo Inscripti.

Excudebat Felix Musca,, 1716

2300,00 €

Zanfrognini Antonio Studio Bibliografico (Modena, Italie)

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Détails

Année
1716
Lieu d'édition
Neapoli,
Auteur
Vico Giambattista
Éditeurs
Excudebat Felix Musca,
Thème
BATTAGLIA DI VIENNA TURCHI STORIOGRAFIA MODERNA
Langues
Italien

Description

In 4° (); (16), 501, (3 b.) pp. e 2 c. di tav. fuori testo con magnifici ritratti di Adriano e Antonio Carafa. Legatura coeva in piena pergamena con titolo impresso in oro al dorso. Un leggerissimo alone, quasi impercettibile, all’angolo alto esterno delle ultime 60 carte, qualche leggerissima brunitura e macchiolina di foxing di poche pagine, del tutto ininfluenti e per il resto, nel complesso, esemplare in buone-ottime condizioni di conservazione. Testine e iniziali finemente ornate. Prima edizione di questa celeberrima opera storica del grande filosofo e giurista napoletano, Giambattista Vico (1668 – 1744). Nato in una famiglia di modeste condizioni sociali ed economiche, il padre di Vico era un piccolo libraio, fin dalla giovane età Giambattista dimostrò una natura curiosa ed un’indole vivace ma in seguito ad una caduta intorno ai 9 anni che gli causò una frattura al cranio, gli fu impedito di seguire i normali corsi di studi per tre anni. La caduta fu così rovinosa, che il medico che lo ebbe in cura prospettò alla famiglia che il giovane avrebbe potuto risentire di gravi problemi di intelletto. Ristabilitosi dall’infortunio, pur seguendo a più riprese gli studi presso il Collegio Massimo dei Gesuiti di Napoli, Vico affiancò lo studio istituzionale ad approfondimenti da autodidatta, cosa che del resto fece anche durante gli studi universitari presso la facoltà di Giurisprudenza dell’ateneo napoletano. Questo gli permise di avvicinarsi ad alcuni temi filosofici con un punto di vista del tutto originale. Dal 1686 fu precettore dei figli del Marchese Domenico Rocca nel castello di Vatolla dove, presso la grande biblioteca della famiglia approfondisce la conoscenza dei testi di alcuni scrittori che diverranno poi punti di riferimento del suo pensiero filosofico come Platone ed il platonismo nelle versioni di Ficino, Pico della Mirandola e Patrizi, Sant’Agostino, Botero, Bodin, Tacito, Bacone e Grozio. Tra incarichi universitari, lezioni private e composizioni d’occasione su commissione necessarie a mantenere la sua numerosa famiglia ed il padre ed i fratelli che da lui saranno sempre economicamente dipendenti, nel 1699 Vico inizia ad avere una certa tranquillità economica. Nel 1710 è aggregato all’Accademia dell’Arcadia. In questi anni Vico inizia ad elaborare in forma compiuta la sue idee sulla filosofia della natura che esporrà nel suo Liber physicus, opera oggi andata dispersa. Nel 1713 lavora, fra le altre opere, alla biografia del Maresciallo Antonio Carafa che darà poi alla luce nel 1716. L’opera segna la svolta degli interessi vichiani verso uno studio sempre più approfondito del senso stesso della storia e alla comprensione dei problemi giuridici legati alla natura dell’uomo, temi che da lì a poco avrebbero portato il grande filosofo alla composizione della “Scienza Nuova”. La vita del celeberrimo generale del Sacro Romano Impero, e maresciallo di campo di Leopoldo I d'Asburgo Antonio Carafa (Torrepaduli, 12 agosto 1642 – Vienna, 6 marzo 1693) fu commissionata al Vico dal nipote del Carafa che, avendo ricevuto da Vienna l'archivio privato dello zio, lo mise a disposizione del suo antico precettore come supporto biografico. I documenti originali erano riuniti in faldoni e ad oggi solo di un volume si conosce l'ubicazione presso l'Archivio di Stato napoletano. Oltre agli inediti documenti dei Carafa, Vico si avvalse, abbondantemente, ai riferimenti alle vicende della storia ungherese presenti nell'Istoria della Repubblica di Venezia in tempo della Sacra Lega contra Maometto IV del Garzoni, pubblicata a Venezia nel 1705. Scrive Benedetto Croce: “Stampata a spese del Carafa iunior, che diè al Nostro carta bianca, l’opera venne fuori nel marzo del 1716 in una veste tipografica che, nella Napoli di quel tempo, apparve così lussuosa da fare assegnare al volume il vanto – soggiunse sempre il Vico - “d’essere il primo libro che con gusto di quelle d’Olanda” uscisse “dalle stampe di Napoli”. Precedevano i ritratti sia del biografato sia del nipote, dipinti da Steefano di Maia e incisi da Giuseppe Magliar. A principio della dedica, del proemio e di ciascuno dei quattro libri erano freg. lavorati dagli artisti anzidetti e allusivi talora a imprese del Carafa (per esempio alla resa di Munkàcs), nonché sei fini capolettere. … più ancora quasi tutti i mille esemplari dell’edizione, al quale, parte venduta, parte donata, s’esaurì in una quindicina di anni.” (Croce & Nicolini, Bibliografia Vichiana, I, p. 77-79). Il Vico che dell'opera fece anche una bandiera della sua concezione della storia, ricostruì una biografia rigorosa e oggettiva, senza nascondere taluni aspetti negativi come ad esempio l'atroce efferatezza dei processi di Eperjes. L’opera segue la vita e le gesta del generale dalla sua nascita fino alla morte avvenuta a Vienna il 6 marzo del 1693. La vita di Antonio è strettamente legata a quella di Vienna della seconda metà del XVII° secolo. Entrato nei Cavalieri di Malta nel 1660, fu chiamato a Vienna nel 1666 da Leopoldo I, al quale, il giovane soldato era stato raccomandato dallo zio, il nunzio apostolico, Carlo Carafa della Spina. Ben presto si distinse sul campo contro i ribelli ungheresi di Imre Thököly, venendo nominato, nel 1672 colonnello di un reggimento di corazzieri. Nel 1672 sale al grado di colonnello di un reggimento di corazzieri. Nel 1682, alla vigilia di uno dei momenti più difficili e gloriosi della storia militare di Vienna e dell’occidente, viene nominato sergente generale di battaglia e a lui si rivolge Carlo V di Lorena, nel 1683 per proteggere l’avanzata dell’esercito polacco guidato dal Re Jan Sobieski che accorre nella difesa di Vienna. Le sue doti militari di risolutezza e coraggio lo portano a distinguersi nei seguenti scontri contro i turchi, partecipando anche all’assedio e liberazione di Buda del 1686. Le sue gesta militari sono però controbilanciate da una violenza inaudita verso le popolazioni civili. Nonostante queste ombre la sua carriera dopo l’Assedio di Vienna è caratterizzata da una continua ascesa di nomine che lo porta ad essere nominato tenente maresciallo di campo nel settembre del 1685, feldmaresciallo austriaco nel 1688, conte dell'Impero nel 1686 fino ad ottenere il Toson d'oro da Carlo II di Spagna nel 1687. Nel 1691 è in Italia impegnato nella Guerra dei Nove Anni, al comando delle truppe imperiali. Anche in Italia si comporta con estrema durezza verso la popolazione locale arrivando a chiedere il pagamento di tributi anche di cinquanta volte superiori a quelli richiesti dal suo predecessore. Il comportamento di Carafa portò a violente proteste popolari, alcune in vera e propria forma di sommossa come quella avvenuta a Castiglione delle Stiviere che portarono infine, l’Imperatore a richiamarlo a Vienna nell’aprile del 1692, arrivando a dimettersi, non prima di aver ottenuto la carica di Ambasciatore a Roma, dal suo incarico militare l’11 gennaio del 1693. Non riuscì poi mai ad entrare in servizio a Roma come ambasciatore perché poco tempo dopo la sua nomina ufficiale, un’improvvisa e violentissima febbre lo porta alla morte, pochi giorni prima della partenza per la sede papale. Rif. Bibl.: Croce & Nicolini, Bibliografia Vichiana, I, p. 77-79.