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Livre

Vico Giambattista

De antiquissima italorum sapientia ex linguae latinae originibus eruenda libri tres. Liber primus metaphysicus.

Ex Typographia Felicis Mosca,, 1710

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Zanfrognini Antonio Studio Bibliografico (Modena, Italie)

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Détails

Année
1710
Lieu d'édition
Neapoli,
Auteur
Vico Giambattista
Éditeurs
Ex Typographia Felicis Mosca,
Thème
RARITA’ BIBLIOGRAFICHE LINGUAGGIO ETIMOLOGIA
Langues
Italien

Description

In 12° (16,3x9 cm); 130, (2) pp. Legatura coeva editoriale in pieno cartoncino. Segni di tarlo diffusi principalmente nel margine esterno bianco, abilmente restaurati con integrazione di alcune lettere in poche pagine. Esemplare ancora in barbe. Prima rarissima edizione di questa celebre seconda opera del grande filosofo e giurista napoletano, Giambattista Vico (1668 – 1744). In origine, nell’idea dell’autore, il “De antiquissima “ doveva essere formato da tre parti: il Liber metaphysicus (appunto questo), che uscě nel 1710 senza l'appendice riguardante la logica che, nell'intenzione di Vico, avrebbe dovuto avere; il Liber Physicus, che Vico pubblicň sotto forma di opuscolo col titolo De aequilibrio corporis animantis nel 1713, che andň smarrito, ma ampiamente riassunto nella Vita ed infine il Liber moralis, di cui Vico non abbozzň nemmeno il testo. Nel “De antiquissima” Vico inizia ad abbozzare pensieri che poi avrebbe estesamente e compitamente, elaborato nella Scienza Nuova. Partendo da alcuni termini della lingua latina eda analizzandone l’aspetto etimologico, Vico arriva alla conclusione che attraverso alcune parole si possano rintracciare originarie forme di pensiero arrivando a teorizzare, con estrema modernitŕ, il linguaggio come oggettivazione del pensiero. Partendo da queste basi, Vico arriva a tracciare la forma di un antico sapere filosofico appartenuto alle primitive popolazioni italiche. Come dice lo stesso Vico “Latinis "verum" et "factum" reciprocantur, seu , ut scholarum vulgus loquitur, convertuntur”. Semplicando, secondo Vico, in contrasto con Cartesio ed in parte come giŕ fatto dall’occasionalismo e nel metodo baconiano, noi possiamo arrivare a conoscere il pensiero umano che vi č alla base di ogni cosa creata dall’uomo ma non, ad esempio, quello che č alla base della natura in quanto non costrutto umano. La lingua diviene cosě un tramite fra l’uomo ed il suo passato ed un potente strumento di conoscenza storica e filosofica. Secondo Vico, il cogito cartesiano mi puň sicuramente dare certezza della mia esistenza ma non mi puň dir nulla di essa, cioč mi da coscienza ma non conoscenza, questa mi č preclusa. Con il metodo di Cartesio noi non possiamo arrivare a conoscere la storia umana perché, appunto, il metodo cartesiano ci accompagna solo alla coscienza. Da qui la necessitŕ di sviluppare un metodo storico che ci possa accompagnare a comprendere profondamente la storia umana della quale il linguaggio, č senza dubbio, uno dei prodotti piů complessi ed evoluti. Quella di Cartesio, per Vico, non č scienza ma piů che altro un procedimento intuitivo. Come dice il filosofo napoletano “Noi dimostriamo le veritŕ geometriche poiché le facciamo, e se potessimo dimostrare le veritŕ fisiche le potremmo anche fare” e cosě ad ogni scienza, appartiene un diverso grado di possibilitŕ conoscitive. "I latini. dicevano che la mente č data, immessa negli uomini dagli dei. Č dunque ragionevole congetturare che gli autori di queste espressioni abbiano pensato che le idee negli animi umani siano create e risvegliate da Dio [.] La mente umana si manifesta pensando, ma č Dio che in me pensa, dunque in Dio conosco la mia propria mente" (Giambattista Vico, De antiquissima, 6). Per quanto riguarda la conoscenza del creato divino e del creatore stesso all’uomo č preclusa qualsiasi sicura conoscenza ma si puň avvicinare a comprendere degli aspetti attraverso quello che Vico chiama “L’Ingegno” che č la facoltŕ propria del conoscere, per cui l'uomo č capace di contemplare e di imitare le cose. L’ingegno č cosě strumento di conoscenza ma allo stesso tempo, ha la capacitŕ di dimostrare i limiti della conoscenza umana, fino ad arrivare alla comprensione di una veritŕ divina che si puň rivelare anche attraverso l’errore. "Dio mai si allontana dalla nostra presenza, neppure quando erriamo, poiché abbracciamo il falso sotto l'aspetto del vero e i mali sotto l'apparenza dei beni; vediamo le cose finite e ci sentiamo noi stessi finiti, ma ciň dimostra che siamo capaci di pensare l'infinito." (Giambattista Vico, De antiquissima, 6). E’ cosě che attraverso l’errore umano, Vico, arriva a superare le teorie dello “scetticismo”. "Il chiarore del vero metafisico č pari a quello della luce, che percepiamo soltanto in relazione ai corpi opachi.Tale č lo splendore del vero metafisico non circoscritto da limiti, né di forma discernibile, poiché č il principio infinito di tutte le forme. Le cose fisiche sono quei corpi opachi, cioč formati e limitati, nei quali vediamo la luce del vero metafisico." (Giambattista Vico, De antiquissima, 3). La metafisica diviene cosi la base ed il primo passo verso la conoscenza anche se poi questa č superata e completata da altri tipi di scienza come la matematica e da altre scienze specifiche. Nato in una famiglia di modeste condizioni sociali ed economiche, il padre di Vico era un piccolo libraio, fin dalla giovane etŕ Giambattista dimostrň una natura curiosa ed un’indole vivace ma in seguito ad una caduta intorno ai 9 anni che gli causň una frattura al cranio, gli fu impedito di seguire i normali corsi di studi per tre anni. La caduta fu cosě rovinosa, che il medico che lo ebbe in cura prospettň alla famiglia che il giovane avrebbe potuto risentire di gravi problemi di intelletto. Ristabilitosi dall’infortunio, pur seguendo a piů riprese gli studi presso il Collegio Massimo dei Gesuiti di Napoli, Vico affiancň lo studio istituzionale ad approfondimenti da autodidatta, cosa che del resto fece anche durante gli studi universitari presso la facoltŕ di Giurisprudenza dell’ateneo napoletano. Questo gli permise di avvicinarsi ad alcuni temi filosofici con un punto di vista del tutto originale. Dal 1686 fu precettore dei figli del Marchese Domenico Rocca nel castello di Vatolla dove, presso la grande biblioteca della famiglia approfondisce la conoscenza dei testi di alcuni scrittori che diverranno poi punti di riferimento del suo pensiero filosofico come Platone ed il platonismo nelle versioni di Ficino, Pico della Mirandola e Patrizi, Sant’Agostino, Botero, Bodin, Tacito, Bacone e Grozio. Tra incarichi universitari, lezioni private e composizioni d’occasione su commissione necessarie a mantenere la sua numerosa famiglia ed il padre ed i fratelli che da lui saranno sempre economicamente dipendenti, nel 1699 Vico inizia ad avere una certa tranquillitŕ economica. Nel 1710 č aggregato all’Accademia dell’Arcadia. In questi anni Vico inizia ad elaborare in forma compiuta la sue idee sulla filosofia della natura che esporrŕ nel suo Liber physicus, opera oggi andata dispersa ed inizia ad elaborare la sua filosofia della storia abbozzandone le basi nel “De antiquissima italorum sapientia”. Nel 1713 lavora, fra le altre opere, alla biografia del Maresciallo Antonio Carafa che darŕ poi alla luce nel 1716. L’opera segna la svolta degli interessi vichiani verso uno studio sempre piů approfondito del senso stesso della storia e alla comprensione dei problemi giuridici legati alla natura dell’uomo, temi che da lě a poco avrebbero portato il grande filosofo alla composizione della “Scienza Nuova”. Stampata in circa mille copie, l’opera, stampata a spese dello stesso Vico, uscě nel 1725 presso l’editore napoletano Felice Mosca in un formato in dodicesimo e su carta di non eccelsa qualitŕ proprio per contenerne i costi. La versione definitiva ed ampiamente piů estesa rispetto alle prime due edizione, verrŕ pubblicata nel 1744. Prima rarissima edizione contenete per la prima volta il celebre aforisma vichiano "verum esse ipsum factum". Rif. Bibl.: David Walker, The Oxford Companion to Law (Oxford: Clarendon Press, 1980); Lucia M. Palmer, trans., De Antiquissima Italorum Sapientia Ex Linguae Latinae Originibus Eruenda (Cornell: Cornell University Press, 1988).